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Esiste uno strano fenomeno socio-antropologico di contorsionismo verbale e scritto, stante l’epoca dei social, che fa diventare i tifosi uni e trini, a seconda di un primo tempo giocato male e di una ripresa giocata meglio: la squadra è la medesima, la qualità idem, le prospettive di conseguenza, e invece?
I pareri e le opinioni cambiano una due, tre, volte nei novanta minuti, ma il gollettino mette tutti d’accordo, fino alla prossima partita dove si azzera tutto e si riparte.
Dopo un primo tempo che sembrava di riscaldamento per la lentezza del palleggio, la ripresa ha visto la bellezza di tre giocate per ringalluzzire, immagino, una marea di tifosi che erano già tutti pronti ad impallinare il poveretto di turno, fosse Bigon o Saputo detto il plumone, per aver allestito la solita squadra senza ambizioni.
Io, che il contorsionismo non lo posso praticare avendo mal di schiena da una vita ( durundu ), ho invece (ri)visto il solito Bologna nella sua new version, che a me pare una old version calcistica;
questo assetto tattico Arnautovic-centrico ha normalizzato una squadra che nelle scorse stagioni invece, aveva picchi di autostima elevati e crolli inaspettati ma a me piaceva di più: si chiamano gusti signori, o se preferite pugnette.
Inutile appioppare delle etichette solo perché oggi funziona così: a me piace un calcio diverso, quindi?
Dovrei sottostare alla legge della classifica, del punteggio e del ragionamento gobbo della vittoria a tutti i costi?
Sono abituato a ragionare con la testa e non con un altra parte del corpo e continuo a pensare che la strada intrapresa non sia quella giusta: d’altronde lo stesso Mihajlovic nelle conferenze stampa ammette di essere poco attratto da questo modo di giocare ma, evidentemente, se lo fa andare bene perché, immagino, concordato con i calciatori; cosa che di per sé potrebbe sembrare intelligente ma che lo sarà solo quando, facendo l’analisi costi e benefici, saranno maggiori i secondi dei primi; e non sempre una manciata di punti in più stanno a significare e a sottolineare una reale crescita.
La squadra sembra messa meglio in campo, ma non gioca bene, perché spesso il meglio è nemico del bene: produce meno e soffre quanto prima in fase difensiva, questo al netto di quanto dichiarato dai protagonisti; gioca un calcio arcaico, sorpassato, tutto basato sulle “lune” del suo totem offensivo il quale, tra l’altro, è molto bravo a fare quanto richiesto.
Per carità sono rimaste alcune rotazioni offensive figlie del gioco imparato in questi ultimi anni: l’esempio più lampante è avvenuto proprio sul primo gol ma rimangono azioni estemporanee, rare a vedersi con una certa frequenza.
Tutto questo pippone per sviare dal narrare di una gara che da raccontare ha poco: non voglio sminuire il valore dei tre punti presi ad avversari in evidente stato confusionale, ma di note tecnico tattiche non ne esistono, avendo il Bologna giocato come le ultime gare: di azione interessante nello sviluppo, si può annotare solo quella del gol del vantaggio perché, nel momento della verticalizzazione di Medel, il Bologna aveva occupato tutti e cinque i semi spazi offensivi ( da destra: Soriano-De Silvestri-Arnautovic-Svanberg-Barrow ) così da togliere agli avversari la superiorità numerica, poi Arnautovic fa il resto.
Le altre sono azioni estemporanee che lasciano il tempo che trovano: combinazione volante con tiro al volo di mancino dell’austriaco, tiro di Sansone su azione personale sul palo esterno e gol finale col Cagliari tutto in avanti.
Menzione speciale per De Silvestri da molti ritenuto bollito, che non solo non sta facendo rimpiangere Tomiyasu ma che fa capire come la rosa della squadra sia più profonda di quanto belato da tanti: vendendo il giapponese, sembrava avessimo venduto tre calciatori, perché lo stesso De Silvestri e Mbaye, non venivano presi in considerazione come potenziali sostituti; solite considerazioni improvvisate di una piazza bulimica di calciatori da supermercato e, come spesso accade nel calcio, basta saper aspettare.
Tosco
Foto: Gazzetta.it