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Inizio da dove ho concluso l’intervento dopo Lazio Bologna: ieri sera Arnautovic non ha giocato un calcio “dimostrativo”; ha invece, al contrario, dimostrato cosa deve fare un giocatore di categoria superiore, e lo ha fatto anche attraverso il linguaggio del corpo, completamente differente dal recente passato: una gestualità mai sopra le righe, l’incorraggiamento verso i compagni che sbagliavano, il rincorrere l’avversario anche su palloni apparentemente inutili: tutto ciò ha aperto la strada ad una prestazione importante trascinando il Bologna e il pubblico, e la sua doppietta forse è arrivata anche per questo atteggiamento propositivo, mai lamentoso; pubblico che ha fatto in pieno il proprio dovere, non fischiando la squadra nei primi minuti di difficoltà ed incitandola incessantemente nella ripresa: un applauso a loro, perché tifare Bologna sta diventando difficile, stante il livello di tossicità che si respira in città, dove ogni maledetto anno c’è sempre la squadra feticcio da invidiare; una tristezza infinita.
In mezzo finalmente un gioco fatto di alcuni concetti visti in passato, dismessi e accantonati per una teorica solidità difensiva che non paga nemmeno nei numeri: 41 gol al passivo dopo 25 giornate sono tanti, troppi.
In sala stampa a fine gara Sinisa ha dichiarato: “di base siamo una squadra offensiva, abituata ad aggredire le partite e infatti oggi è arrivata la vittoria perché abbiamo interpretato la gara con coraggio e siamo andati a prenderli alti”; fin qui tutto comprensibile anche se, di questa offensività non se ne vedeva l’ombra da un po’ di tempo.
Ancora: “quest’anno abbiamo dovuto cambiare modulo per sistemare la fase difensiva, ma ora ho dovuto cambiare perché subivamo spesso gol ma non ne facevamo più”; direi un filino contraddittorio: oltre al modulo è stata proprio cambiata idea di gioco, dal tutti all’attacco e pressing alto uomo contro uomo, all’esatto contrario, senza ottenere nel lungo periodo il risultato sperato; altroché cambio modulo: trasfigurazione, mutazione, metamorfosi totale.
E poi la chiosa finale che mi lascia interdetto per non dire altro: “se ricordate, anche quando vincevamo dicevo che comunque era un calcio che non mi piaceva particolarmente”; e qui io finisco di capire: un allenatore di grande esperienza come il mister serbo, decide di cambiare tutto dopo sei (6) partite di campionato perché perde una partita, quella di Empoli che, se riguardata bene, è stata una fra le migliori disputate in trasferta quest’anno.
Il calcio offensivo e propositivo delle passate stagioni era il lascito migliore dell’esperienza di Mihajlovic a Bologna e ieri sera si sono ritrovati alcuni concetti, anche nella configurazione puramente tattica: quando ho rivisto il 4 2 3 1 e il pressing alto mi sono venuti i goccioloni agli occhi, dopo che questi hanno sanguinato per un girone intero; spero solo sia l’inizio di una appendice di stagione in cui tornare a rivedere il Bologna con gli occhi dell’amore.
Tosco
Foto: Getty Image