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Forse, unico in tutto il dibattito delle ultime settimane e anche un po’ deriso per questo, non mi era piaciuto l’inizio del campionato del Bologna: un matto?
Probabile, ma sono più attento alle prestazioni che ai risultati, convinto come, nel mio calcio ideale, alla lunga dalle buone prestazioni scaturiscono poi i buoni risultati.
La nuova versione tattica, tanto reclamizzata da Mihajlovic e giocatori in varie interviste e persino da Fenucci durante la presentazione di Theate, quella cioè della difesa a zona e baricentro più basso tanto per intenderci, non mi aveva convinto allora e anche ieri sera, al netto della debacle, ne ho avuto la riprova: non tanto per l’imbarcata ( la prima rete la subiamo al quinto, da un fallo laterale a nostro favore a 90 metri dalla nostra porta! ), proprio per la pochezza del progetto tecnico.
Non basta dichiarare l’intenzione, bisogna prima lavorarci e magari acquistare anche i calciatori adatti: sperare che solo con la “disperazione del non voler subire gol” si possa ovviare ad una fase difensiva deficitaria da anni, passa un po’ come dire “basta tirare fuori gli attributi”, sperando di azzerare il gap tecnico e fisico contro gli avversari più forti e non solo, vista la difficoltà di venire a capo anche di Salernitana prima e Verona poi, intermezzate da una prestazione a Bergamo che non si vedeva dall’epoca di Donadoni.
La fase difensiva precedente, quella a uomo a tutto campo per capirci, aveva una sua logica seppur difettosa come tante cose nel calcio: pressing alto, marcature preventive e tentativo di recuperare palla il prima possibile; per migliorarla bisognava alzare il livello qualitativo di almeno un paio di giocatori ( non solo dei difensori, anche del mediano basso ) senza snaturare il livello importante di quanto produceva la squadra in attacco.
Questa versione ( perché anche ieri sera per chi non se ne fosse accorto il Bologna ha difeso di reparto, con un baricentro mediamente più basso di quanto faceva fino alla scorsa stagione ), dovesse un giorno più o meno funzionare, ha comunque la grave colpa di faticare poi nel produrre un gioco offensivo di livello: la frase ormai desueta del “giochiamo per non subire gol perché tanto prima o poi uno lo facciamo “, oltre a certificare una certa distanza da quello che è il calcio moderno, fatto di organizzazione in ogni zona del campo, lascia un’idea di improvvisazione che inquieta: possibile che si vedano squadre allenate da due mesi che sembrano molto più organizzate del Bologna che lavora invece con lo stesso staff per il quarto campionato?
Se improvvisi sull’onda emotiva di una sconfitta in Coppa Italia e vai a rispolverare un calciatore che avevi pensato di lasciar partire, azzerando di colpo quanto pensato in sede di campagna acquisti, si!
Conta la perseveranza delle proprie idee non la vacuità del momento, e dal ” giochiamo per fare un gol in più “, al ” giochiamo per non subire gol “è un tale cambiamento di rotta che, pur essendo esageratamente enfatizzato forse per arrivare ai calciatori, ha creato almeno al sottoscritto una confusione totale e, ad oggi, sembrerebbe anche ai calciatori stessi, che al quinto minuto erano altissimi a pressare per poi prendere la ripartenza che ha portato al gol dei padroni di casa ( e che ha condizionato tutta la gara ).
Un ultima annotazione: ieri sera un dato mi ha colpito particolarmente, quello riguardante i km percorsi dalle due squadre: l’Inter, pur avendo giocato una partita di Champions contro il Real in settimana 108 km, il Bologna che si è solo allenato a Casteldebole 103!
Noto ormai da tempo, diciamo da dopo il primo lockdown, che la squadra fisicamente non eccelle in niente, diversamente da quando lo staff di Mihajlovic subentrò a Pippo Inzaghi: allora si parlò tanto di cambi di metodologia e altro, e si vide molto la mano della diversa preparazione atletica: squadra più energica, più fisica fino al novantesimo.
108 km contro 103, loro l’Inter, noi il Bologna, loro contro il Real noi a Casteldebole a fare allenamento: come minimo servirebbe approfondire l’analisi.
Tosco