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Ormai, anche i muri sanno che non sono i moduli che contano ma l’applicazione degli stessi a fare la differenza, e proprio la partita di ieri, mi da la possibilità di approfondire questo assunto attraverso il quale, cominciare a mettere a punto alcune differenze sostanziali tra il 4 2 3 1 visto da un certo punto a Venezia e quello visto (nel mio caso ammirato), nelle scorse stagioni.
Prendendola larga, si deve tornare ad una insolita riflessione che viene fatta, credendo cioè, che la fotografia di uno schema tattico sia la sua esposizione nella fase di possesso di palla: errore; è esattamente il contrario: è quando la palla è degli avversari che si può vedere con esattezza, quali sono le intenzioni tattiche di una squadra, che proprio dalla disposizione difensiva costruisce poi quanto farà nella proposta una volta conquistata la palla.
Il cambio che ha effettuato ieri Mihajlovic, fuori un difensore (Theate), dentro un attaccante (Orsolini), ha certamente mutato l’assetto offensivo dei rossoblù, producendo giocoforza un switch tattico di notevole impatto e ribaltando di fatto la partita, ma coloro che hanno rivisto il Bologna delle scorse stagioni hanno preso, quantomeno parzialmente, un abbaglio: certamente lo sviluppo della manovra ha trovato nuovi sbocchi in ampiezza, soprattutto con cambi di campo in cui Orsolini e Barrow sono tornati a fare ciò che meglio compete loro, per non parlare poi di un Soriano liberato dalla zavorra tattica degli equilibri in mediana, fino alla profondità (seguita a tale ampiezza) avendo allargato le maglie difensive dei ragazzi di Soncin schierati a tre, che hanno dovuto così fare scelte obbligate sulle uscite, venendo spesso saltati.
Lo stesso Arnautovic è sembrato sprigionare ancora più forza dentro ad uno schema del genere, ma la fase difensiva no, quello è rimasta con i precetti di questa stagione: allineamenti a zona, lavoro sulle traiettorie e sull’intercetto per poi schierarsi a difesa posizionale; la vera differenza è in questa combinazione di diversità concettuali.
La difesa a quattro allineata, senza voler necessariamente accoppiarsi nel uomo contro uomo, ha i suoi vantaggi naturalmente e le ovvie controindicazioni: ti concede meno rischi potendo lavorare di reparto ma nello stesso tempo, non ti permette l’immediato recupero del possesso nella riconquista del pallone; si trovano così ibridi come il Milan di Pioli o il Sassuolo di Dionisi: squadre che applicano una pressione sulla prima costruzione avversaria, marcature preventive sugli sbocchi avversari più vicini e scalate dei calciatori lontani dalla palla; oppure squadre come la Lazio di Sarri o l’Empoli di Andreazzoli che hanno l’obiettivo della difesa alta e la pressione è fatta esclusivamente forzando la densità in zona palla senza accorciare necessariamente sull’avversario più vicino.
Quella del Bologna di ieri, dopo il cambio tattico di cui sopra, mi è sembrato un volere tornare, al già conosciuto in possesso palla, e al meno conosciuto in fase di recupero: un ibrido, che stava comunque pagando, contro una squadra, quella lagunare, ai limiti della decenza da un punto di vista calcistico; poi è arrivato lui, il maresciallo degli Alpini prestato al calcio: il signor Marinelli da Tivoli.
Se ne sentiva il bisogno?
No.
Rimpiango l’assicuratore di Trani o il pingue veterinario di Nichelino, che almeno avevano l’alibi di non poter consultare il Var: l’alpino invece, richiamato, ha voluto vedere ciò che è parso solo a lui, quel tocco che di per sé non vuol dire fallo; un tocco non è per forza fallo, un tocco spesso è un tocco, punto!
Ieri c’era l’adunata degli Alpini a Rimini: ecco, sarebbe stato il caso che il nostro ci avesse preso parte.
Da lì, in poi, ci si è trovati dentro ad una farsa dentro la quale chi più ne ha più ne mette e il Venezia ne aveva più del Bologna
Resta il rammarico di aver visto gettare alla ortiche certamente, anche per propri demeriti (concedere comunque tre reti al Venezia è roba da rifletterci sopra), un obiettivo che, visto le sconfitte del Toro e i mezzi passi falsi di Udine e Sassuolo potevano proiettare al decimo posto il Bologna, con buona pace dei sempre critici sulla mancanza degli obiettivi e del sottoscritto, che del decimo posto se ne infischia bellamente ma che ieri, senza l’alpino, si sarebbe anche divertito.
Tosco
Foto: Getty Images